Il Volturno nasce dai monti della Meta, ha un percorso di Km.175 e sfocia nel mar Tirreno a Castel Volturno, con una foce a delta. Tra i fiumi d’Italia occupa il 5° posto per lunghezza. Fin quando conserva carattere torrenziale, ha acque limpide, ma già nella valle del Medio Volturno subisce gravi forme di inquinamento. Nella piana alifana, dopo aver raccolto le acque del Lete, comincia a manifestare seri problemi che si aggravano ulteriormente con la confluenza col fiume Calore che “dona” al Volturno un carico inquinante continuo, di ogni natura. Presso Piana di Monte Verna e Triflisco riceve un grave colpo mortale per la presenza degli scarichi urbani e di aziende zootecniche; giunge a Capua fortemente inquinato dove è definitivamente annientato dagli scarichi delle industrie chimiche. Le sue acque, torbide e limacciose, continuano il loro stanco cammino fino alla foce.

Il Volturno è stato famoso per le sue piene che, nei secoli, si sono ripetute ciclicamente. Le più vicine a noi, che i nostri genitori e nonni ricordano, sono quelle di ottobre 1949, di novembre 1968 e di novembre 1979. Nel ’49 e nel ’68, le sue acque superarono l’altezza di 4 metri.La fauna ittica risulta fortemente impoverita e qualche pesce pescato mostra evidenti tumefazioni.Lungo il fiume sono presenti pochi esemplari di airone bianco, germano reale, tuffetto, svasso maggiore, biscia d’acqua e ramarro, un tempo molto numerosi.

La vegetazione

Lungo il fiume Volturno la vegetazione più comune è la cannuccia di palude, il pioppo, il salice bianco e il salice rosso.

Il fiume Volturno
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VOLTURNO FRA  LEGGENDA E STORIA

Ogni fiume ha la sua leggenda,la sua storia,fatta e vissuta nei millenni,tra cento e cento trasformazioni,cento e cento mutamenti,mille vicende,vicende segnate da eventi ora lieti ora tristi,che si perdono nella bruma del tempo.

Così il Volturno.

Con il suo tormentoso corso questo fiume che si snoda con volute a volte pigre,a volte impetuose nella “Campania felix” ha una sua storia millenaria,non solo nell’essenza del tempo,ma nella sua stessa vita idrologica avendo mutato il suo corso molte volte,abbandonando il suo letto per crearsene un altro,rendendo o fertili terreni ove prima era melma e limo o rendendo palude quelli che prima erano ubertosi.
Questo fiume vagabondo e sdegnoso,terribile per velocità spaventoso nelle piene fù descritto da Stazio,Claudiano,Lucano,Bartolomeo Fazio e fù definito a volte “Volturnux rapax,Volturnus celer”.
Dalla storia si apprende che l’Imperatore Domiziano costruì argini al fiume acchè “il Volturno vagabondo e sdegnoso non uscisse dal proprio alveo e proprie ripe lo costrinse nel retto corso e vietò che innanzi per le sue gonfiezze e sboccamenti le vicine campagne inondasse”(Rinaldo.Storia civile di Capua-TomoIII-pag.312).
Conseguentemente si sono dovute verificarecontinue mutazioni dell’alveo ed è quindi probabile che la regione campana abbia risentite lente e ripetute emersioni e sommersioni sia a causa dei movimenti  sismici.
Le tradizioni storiche concordano con tali congetture.
Nell’anno 1161,nel terzo consolato dell’Imperatore Marco Aurelio,fù la via Appia inondata e sconnessa dal Volturno e precisamente da Sinuessa  a Casilino come è ricordato da una lapide rinvenuta nel 1505 presso Capua e descritta dal Pratilli  nel “via Appia” a pag.24.
Ai tempi di Diocleziano e di Massimiliano vi furono altre inondazioni sulla via Appia,tristissime per i danni che arrecarono.
Quando i fratelli del Conte Landone volsero in mente il pensiero di edificare presso il ponte di Casilino la nuova città di Capua,il conte non approvò la loro deliberazione non volendo abbandonare un luogo salubre (Sicopoli) per andare ad abitare in mezzo al fango:”il quale luogo,egli diceva,era più convenienti ai porci che non agli uomini”. (Erkemperto fog.24).
E tanto doveva essere palustre quel luogo che dal Mauringo,autore della “Nuova Cronaca dei Conti di Capua”fu descritto con il nome di pantano: “Ipse Casilinu cum fratibus suie moriri fecit in Pantano”.Questo terreno melmoso ed insalubre del suolo intorno al ponte di Casilino prova che da gran tempo il fiume aveva abbandonato il suo letto,come descrive Rinaldi nella op.cit..pag.422.  Per la qualcosa i primi edificatori  della Casa Episcopale dovettero rassodare il terreno con grandi gittate di macigni e frammenti di colonne (Iannelli;Sacra Guida della Chiesa Cattedrale di Capua.Pag.63).Altra memoria di cambiamenti dell’alveo si ha nel 1531 come risulta da una deliberazione municipale di Capua  del 23 marzo con la quale si prescrive  che” si levassero dalle vicinanze di Capua cosi le acque del fiume morto che quelle di Ponticello,atteso che cagionavano mal d’aria o mal d’aria in Capua”.E come ciò fu eseguito,continua il Granata nell’opera citata pag.241,dal regio Conservatore,in seguito al dispaccio del Vice Re,si ordinò con pubblico bando che i propretari dei terreni limitrofi dovessero tener netti quei fossi e che in ciò non vi restasse acqua stagnante.Nel 1750 avvenne una gran piena verso la fine di luglio e piogge dirotte e continue vi furono anche nell’ottobre,novembre e dicembre dello stesso anno,cosiche’ il fiume urtando con violenza ruppe il suo corso antico e andò a ricongiungersi con un suo stesso braccio che era a circa tre miglia italiane,tanto da far sorgere un isolotto sul quale per un tempo venne ad accamparsi una parte del distaccamento dell’allora Genio Militare.
Il letto del Volturno è stato sempre molto variabile a causa dei bassi fondi generati dalle torbide e spostati dalle correnti.Giova ricordare che le piene si annunziano con il cambiamento del colore delle acque e dalla gran spuma albuminosa che soprannuota e si muove in tortuosi ravvolgimenti.I battellieri capuani (londrari) sono così esperti in questi indizi, che determinano financo le zone ed i confluenti donde esse derivano.Nelle piene,se i venti e le alte maree reagiscono si producono vasti allagamenti nelle contrade e si hanno innalzamenti notevoli di terreno.
Da elementi geologici si può dedurre che la regione flegrea,che si estende fino ad Aversa,coperta prima dal mare,innanzi l’era volgare,fu sollevata da violente piene del Volturno come riferisce lo Scacchi nelle sue “Memorie geologiche sulla Campania”.
Prima notizia sulla navigabilità del Volturno si trova in Tito Livio che narrando della seconda guerra cartaginese:”per fornir di viveri l’esercito romano nell’assedio di Capua  occupato si trasportavano le vettovaglie in Casilino; e a tale oggetto si identificò un castello nella bocca del Volturno e postavi sufficiente guarnigione per così tenere il fiume”.
Nella decadenza dell’Impero Romano si parlò ancora di navigabilità e del porto di Casilino di Capua.Al tempo dei longobardi nel capitolare del principe Sicario dell’anno 836 si ritorna a far cenno alla navigabilità.Secondo il Pellegrino nell’anno 1393 la navigabilità del Volturno fu rinnovellata per opera di Bartolomeo di Ariano,cittadino di Pozzuoli,tanto risulta anche da una gabella di dazio che da Re Ladislao fu concesso per il traffico sul Volturno fino a che,il 12 ottobre 1389,fu estesa questa gabella a tutte le merci provenienti dal fiume.
Nel terzo libro della Cancelleria Capuana,del 1471,si legge che il pubblico parlamento si riunì per restituire al fiume il traffico delle imbarcazioni.Nel 1534,Don Pietro di Toledo,vicerè  dell’Imperatore Carlo V, per rendere il fiume navigabile non solo dal mare a Capua,ma anche sino a Benevento mandò sopralluogo per gli studi necessari Antonio Dixar,ma i governanti di Capua opposero viva forza perché obiettarono il grande danno che ne sarebbe potuto derivare ai mulini;ciò  nonostante nel 1648 troviamo ancora che il fiume Volturno era navigabile.
Nelle rivoluzioni dell’epoca del Reame di Napoli,quando venne occupata la città di Aversa e tutti i casali di Capua dai popolani di Napoli,e mantenendosi solo Capua fedele al sovrano,non vi fù altra maniera che per la via del fiume per raggiungere gli altri centri,e così giunsero a Capua  le barche di Pozzuoli ,Procida ed Ischia,per portare”zuccheri,vino,olii,salami ed altre cose necessarie alla annona e queste barche trovavansi  cariche di farina,orzi,fave,biade e detterosi così nutrimento a Capua e soffrivasi difetto nell’armata spagnola.L’uso di navigare il Volturno non fu dissimile da quelle del Tevere descritto da Dionigi Alicarnaso,e cioè le navi cariche si traevano su contro il corso delle acque a forza di remi o a mezzo di alaggi.
Riguardo alla forma delle navi usate si può credere che sia stata quella dei “Faseli Campani”,di cui fa menzione Cicerone.Nel 1700 il traffico si faceva con sandali come afferma il Rinaldi:erano navi a fondo piatto,avevano la lunghezza di 62 palmi,la larghezza di palmi 13 ed in poppa palmi 14.Il carico di inverno era di 14 canne di legna e nell’estate di dieci.
Nell’antico Casilino esisteva un piccolo porto a forma di mezzaluna dove potevano ben entrare le imbarcazioni e caricarsi così di vettovaglie e scaricarne.

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Ricerche di fonti bibliografiche del Museo Campano di Capua a cura di Netti Silvio