Il Volturno è stato famoso per le sue piene che, nei secoli, si sono ripetute ciclicamente. Le più vicine a noi, che i nostri genitori e nonni ricordano, sono quelle di ottobre 1949, di novembre 1968 e di novembre 1979. Nel ’49 e nel ’68, le sue acque superarono l’altezza di 4 metri.La fauna ittica risulta fortemente impoverita e qualche pesce pescato mostra evidenti tumefazioni.Lungo il fiume sono presenti pochi esemplari di airone bianco, germano reale, tuffetto, svasso maggiore, biscia d’acqua e ramarro, un tempo molto numerosi.
La vegetazione
Lungo il fiume Volturno la vegetazione più comune è la
cannuccia di palude, il pioppo, il salice bianco e il salice rosso.
VOLTURNO FRA LEGGENDA E STORIA
Ogni fiume ha la sua leggenda,la sua storia,fatta e vissuta nei millenni,tra cento e cento trasformazioni,cento e cento mutamenti,mille vicende,vicende segnate da eventi ora lieti ora tristi,che si perdono nella bruma del tempo.
Così il Volturno.
Con il suo tormentoso corso questo fiume che si snoda con volute a
volte pigre,a volte impetuose nella “Campania felix” ha una sua storia
millenaria,non solo nell’essenza del tempo,ma nella sua stessa vita
idrologica avendo mutato il suo corso molte volte,abbandonando il suo
letto per crearsene un altro,rendendo o fertili terreni ove prima era
melma e limo o rendendo palude quelli che prima erano ubertosi.
Questo fiume vagabondo e sdegnoso,terribile per velocità spaventoso
nelle piene fù descritto da Stazio,Claudiano,Lucano,Bartolomeo Fazio e
fù definito a volte “Volturnux rapax,Volturnus celer”.
Dalla storia si apprende che l’Imperatore Domiziano costruì argini al
fiume acchè “il Volturno vagabondo e sdegnoso non uscisse dal proprio
alveo e proprie ripe lo costrinse nel retto corso e vietò che innanzi
per le sue gonfiezze e sboccamenti le vicine campagne
inondasse”(Rinaldo.Storia civile di Capua-TomoIII-pag.312).
Conseguentemente si sono dovute verificarecontinue mutazioni dell’alveo
ed è quindi probabile che la regione campana abbia risentite lente e
ripetute emersioni e sommersioni sia a causa dei movimenti
sismici.
Le tradizioni storiche concordano con tali congetture.
Nell’anno 1161,nel terzo consolato dell’Imperatore Marco Aurelio,fù la
via Appia inondata e sconnessa dal Volturno e precisamente da Sinuessa
a Casilino come è ricordato da una lapide rinvenuta nel 1505
presso Capua e descritta dal Pratilli nel “via Appia” a pag.24.
Ai tempi di Diocleziano e di Massimiliano vi furono altre inondazioni
sulla via Appia,tristissime per i danni che arrecarono.
Quando i fratelli del Conte Landone volsero in mente il pensiero di
edificare presso il ponte di Casilino la nuova città di Capua,il conte
non approvò la loro deliberazione non volendo abbandonare un luogo
salubre (Sicopoli) per andare ad abitare in mezzo al fango:”il quale
luogo,egli diceva,era più convenienti ai porci che non agli uomini”.
(Erkemperto fog.24).
E tanto doveva essere palustre quel luogo che dal Mauringo,autore della
“Nuova Cronaca dei Conti di Capua”fu descritto con il nome di pantano:
“Ipse Casilinu cum fratibus suie moriri fecit in Pantano”.Questo terreno
melmoso ed insalubre del suolo intorno al ponte di Casilino prova che da
gran tempo il fiume aveva abbandonato il suo letto,come descrive Rinaldi
nella op.cit..pag.422. Per la qualcosa i primi edificatori
della Casa Episcopale dovettero rassodare il terreno con grandi gittate
di macigni e frammenti di colonne (Iannelli;Sacra Guida della Chiesa
Cattedrale di Capua.Pag.63).Altra memoria di cambiamenti dell’alveo si
ha nel 1531 come risulta da una deliberazione municipale di Capua
del 23 marzo con la quale si prescrive che” si levassero
dalle vicinanze di Capua cosi le acque del fiume morto che quelle di
Ponticello,atteso che cagionavano mal d’aria o mal d’aria in Capua”.E
come ciò fu eseguito,continua il Granata nell’opera citata pag.241,dal
regio Conservatore,in seguito al dispaccio del Vice Re,si ordinò con
pubblico bando che i propretari dei terreni limitrofi dovessero tener
netti quei fossi e che in ciò non vi restasse acqua stagnante.Nel 1750
avvenne una gran piena verso la fine di luglio e piogge dirotte e
continue vi furono anche nell’ottobre,novembre e dicembre dello stesso
anno,cosiche’ il fiume urtando con violenza ruppe il suo corso antico e
andò a ricongiungersi con un suo stesso braccio che era a circa tre
miglia italiane,tanto da far sorgere un isolotto sul quale per un tempo
venne ad accamparsi una parte del distaccamento dell’allora Genio
Militare.
Il letto del Volturno è stato sempre molto variabile a causa dei bassi
fondi generati dalle torbide e spostati dalle correnti.Giova ricordare
che le piene si annunziano con il cambiamento del colore delle acque e
dalla gran spuma albuminosa che soprannuota e si muove in tortuosi
ravvolgimenti.I battellieri capuani (londrari) sono così esperti in
questi indizi, che determinano financo le zone ed i confluenti donde
esse derivano.Nelle piene,se i venti e le alte maree reagiscono si
producono vasti allagamenti nelle contrade e si hanno innalzamenti
notevoli di terreno.
Da elementi geologici si può dedurre che la regione flegrea,che si
estende fino ad Aversa,coperta prima dal mare,innanzi l’era volgare,fu
sollevata da violente piene del Volturno come riferisce lo Scacchi nelle
sue “Memorie geologiche sulla Campania”.
Prima notizia sulla navigabilità del Volturno si trova in Tito Livio che
narrando della seconda guerra cartaginese:”per fornir di viveri
l’esercito romano nell’assedio di Capua occupato si trasportavano
le vettovaglie in Casilino; e a tale oggetto si identificò un castello
nella bocca del Volturno e postavi sufficiente guarnigione per così
tenere il fiume”.
Nella decadenza dell’Impero Romano si parlò ancora di navigabilità e del
porto di Casilino di Capua.Al tempo dei longobardi nel capitolare del
principe Sicario dell’anno 836 si ritorna a far cenno alla
navigabilità.Secondo il Pellegrino nell’anno 1393 la navigabilità del
Volturno fu rinnovellata per opera di Bartolomeo di Ariano,cittadino di
Pozzuoli,tanto risulta anche da una gabella di dazio che da Re Ladislao
fu concesso per il traffico sul Volturno fino a che,il 12 ottobre
1389,fu estesa questa gabella a tutte le merci provenienti dal fiume.
Nel terzo libro della Cancelleria Capuana,del 1471,si legge che il
pubblico parlamento si riunì per restituire al fiume il traffico delle
imbarcazioni.Nel 1534,Don Pietro di Toledo,vicerè dell’Imperatore
Carlo V, per rendere il fiume navigabile non solo dal mare a Capua,ma
anche sino a Benevento mandò sopralluogo per gli studi necessari Antonio
Dixar,ma i governanti di Capua opposero viva forza perché obiettarono il
grande danno che ne sarebbe potuto derivare ai mulini;ciò
nonostante nel 1648 troviamo ancora che il fiume Volturno era
navigabile.
Nelle rivoluzioni dell’epoca del Reame di Napoli,quando venne occupata
la città di Aversa e tutti i casali di Capua dai popolani di Napoli,e
mantenendosi solo Capua fedele al sovrano,non vi fù altra maniera che
per la via del fiume per raggiungere gli altri centri,e così giunsero a
Capua le barche di Pozzuoli ,Procida ed Ischia,per
portare”zuccheri,vino,olii,salami ed altre cose necessarie alla annona e
queste barche trovavansi cariche di farina,orzi,fave,biade e
detterosi così nutrimento a Capua e soffrivasi difetto nell’armata
spagnola.L’uso di navigare il Volturno non fu dissimile da quelle del
Tevere descritto da Dionigi Alicarnaso,e cioè le navi cariche si
traevano su contro il corso delle acque a forza di remi o a mezzo di
alaggi.
Riguardo alla forma delle navi usate si può credere che sia stata quella
dei “Faseli Campani”,di cui fa menzione Cicerone.Nel 1700 il traffico si
faceva con sandali come afferma il Rinaldi:erano navi a fondo
piatto,avevano la lunghezza di 62 palmi,la larghezza di palmi 13 ed in
poppa palmi 14.Il carico di inverno era di 14 canne di legna e
nell’estate di dieci.
Nell’antico Casilino esisteva un piccolo porto a forma di mezzaluna dove
potevano ben entrare le imbarcazioni e caricarsi così di vettovaglie e
scaricarne.