Nacque a Capua da umili genitori nella
fine del Secolo XII.Tritemio,ed altri autori tedeschi tentarono di
toglierci questo chiaro ingegno dicendolo nato in Isvevia,non molto
lontano da Ravesburgo.La falsita' di tale opinione vien posta in chiaro
da molti passi dell'Epistole del nostro Pietro,e da molte testimonianze
dei contemporanei.Viveva egli in estrema poverta' nei suoi primi anni,ma
essendosi proposto di giungere al piu' alto grado di sapere in un secolo
nemico delle scienze,e dei liberi cultori di esse,,si applico' per modo
allo studio di quelle,e specialmente alla giurisprudenza,che ben presto
levo' grido fra gli scienziati di quell'eta',e giuntane la fama fino
alla Corte di Federico II,che allora i Regni di Puglia ,e di Sicilia
reggeva,questo Principe volle onorevolmente chiamarlo presso di se.Un
Monarca illuminato,ed amico dell'umanita',qual'era Federico concepi' ben
presto i sentimenti piu' vivi di stima,ed amicizia per il Filosofo,che
presso di lui veniva in abito umile e dimesso,ma carico di una
suppellettile di cognizioni,che lo rendeva l'onore del suo secolo.Allora
il Re volle elevarlo ad altissimi onori e portandolo a parte di tutti i
suoi grandi disegni dividere quasi con lui lo splendore del trono.Pietro
divenne suo Consigliere ed intimo Segretario,Giudice della G.C.
,Protonotario dell'Impero,e Luogotenente dei due Regni.Molte missioni
delicate furono da lui eseguite con fedelta' ed accortezza.Volgendo
quindi Federico nell'animo di assicurare permanentemente la felicita'
del suo popolo,per quanto i tempi permettevano,con liberali
Costituzioni,al nostro Filosofo ne commise la compilazione.In questa
opera immortale traluce la profonda cognizione delle leggi,l'eleganza
della latinita'e sopratutto la rettitudine dei principi e delle idee.Fu'
un bel momento per la nazione intera quello,in cui Federico radunando un
Parlamento generale a Melfi le promulgo' solennemente,e chiamo' alla
rappresentanza nazionale i deputati dei Comuni,per limitare cosi' la
tirannia dei due ceti,che per lo avanti intervenivano eslusivamente alle
Assemblee del Regno,e rendevano schiavo,ed incolto un popolo vivace,ed
avido di liberta',Confessiamo che una gran parte di questi benefici si
dove' a Pietro delle Vigne.Nuove prove di attaccamento egli dette al suo
Re,allorche',mandato Ambasciatore nel 1244 a Papa Innocenzo IV,cerco' di
comporre le dissensioni tra la Chiesa e l'Impero.Sembra che a
quell'epoca scrivesse un libro Apologetico intitolato de Potestate
Imperatoris et Papae,nel quale si difendono i diritti del suo Signore
assaliti dai Romani Pontefici.Innocenzo IV si occupo' a confortarlo egli
stesso.Ci rimangono di lui sei libri di Latine Epistole fatte o in nome
suo,o in quello dell'Imperatore Federico ultimissime per l'istoria dei
suoi tempi;varie orazioni in cui difende questo Principe contro le
scomuniche che dai Romani Pontefici si lanciavano contro di lui;ed
alcune Canzoni Italiane ,che nate nell'infanzia della nostra
poesia,ritengono un nativo candore ed un elegante semplicita',che le fan
leggere con piacere anche ai giorni nostri.Pretendesi da alcuni ch'egli
sia l'autore anche del libro intitolato de Tribus Impostoribus.Qui
incominciano le sventure del nostro Giureconsulto mandato Ambasciatore
di Federico al Concilio di Lione,ove Papa Innocenzio IV depose
dall'Impero il sudetto Principe,egli,o corrotto dai premi del Papa
edalle sue parole,o preso da insolito spavento,non proferi' parola in
difesa dell'Imperatore,lasciandone a Taddeo di Sessa,un compagno nella
Legazione,tutto l'incarico.Certa cosa e' pero',che tornato alla Corte
dopo tal fatto, Federico concepi' di lui altissimi sospetti cresciuti
ogni giorno dagli inimici della fortuna di Pietro.Narrasi che ammalatosi
il Principe in Puglia,egli lo consigliasse a far uso di una bevanda, in
cui aveva frammisto il veleno;e che scoperto l'inganno,ne fosse
dall'Imperatore premiato collo spogliarlo di tutte le ricchezze,e degli
onori e col fargli cavare ambedue gli occhi.Molte sono le opinioni sulla
maniera con la quale egli elesse di morire.La piu' probabile e' che egli
sia precipitato da una finestra della sua casa in Capua,ove dimorava ad
estrema poverta' ridotto e cieco,mentre di li' passava
l'Imperatore.Seguendo questa opinione egli avrebbe cesato di vivere nel
1249 lasciando con la sua morte un esempio memorando e terribilòe per i
potenti favoriti dei Principi.Noi non sappiamo cosi' di leggieri
spiegare come quest'uomo si fosse allontanato in un punto da tutte le
sue virtu',e come avesse obbliati i tanti benefici del suo Signore.Noi
volentieri soscriveremo a cio' che dice Dante Alighieri nel suo divino
Poema,ch'egli sia morto innocente,e che l'invidia dei suoi nemici fu' la
cagione di tutte le sue disgrazie.Questa testimonianza onorevole alla
memoria di questo illustre Napolitano e' renduta nel decimoterzo canto
dell'Inferno,ov'egli stesso e' introdotto cosi' a parlare: